sabato 1 agosto 2020

Agosto/Un tè con...

Buongiorno,

eccoci di nuovo con la rubrica "Un Tè con...", questo mese il tè ce lo gustiamo freddo che ne dite?
Oggi siamo in compagnia della  "Nostra Signora della Scienza":





Rita Levi-Montalcini

1909/2012
(Nostra Signora della Scienza)






Cara Signora Levi Montalcini, conosciamo quasi tutto di lei ma la prima domanda é: come nasce una scienziata? Come è stata la sua infanzia?
- Sono nata a Torino il 22 aprile 1909 figlia di Adamo Levi, ingegnere elettrotecnico e matematico  e della pittrice Adele Montalcini. Famiglia ebraica formata da quattro fratelli: Gino, Anna e mia sorella gemella Paola.
«Nella prima infanzia, l' educazione assolutamente laica, impartita dai miei genitori a me e ai miei fratelli è stata motivo di imbarazzo, quando dovevamo confrontarci con coetanei e amici che facevano sfoggio della loro religione e chiedevano conto della nostra. Ripensandoci oggi, quel tipo di educazione ha avuto e ha tuttora il grande merito di rendere gli individui responsabili dei propri comportamenti in forza di principi etici e non allo scopo di ottenere un compenso o sfuggire ad una punizione in una ipotetica vita ultraterrena. Personalmente, pur dichiarandomi laica o meglio agnostica e libera pensatrice, mi ritengo tuttavia profondamente "credente", se per religione si intende credere nel bene e nel comportamento etico: non perseguendo questi principi, la vita non merita di essere vissuta». (Intervista al Corriere della Sera 27/11/2006)

E' sempre stata un'attenta studiosa?
- Mio padre, di cultura vittoriana, pensava che non fosse necessario avviare le figlie a una carriera professionale e ci iscrisse ad un liceo femminile. In seguito ottenni la maturità da primatista che mi permise di iscrivermi alla facoltà di medicina e chirurgia a Torino. Ottenni la laurea con lode nel 1936.



Come visse gli anni difficili del fascismo nella sua famiglia ebraica?
- A causa di quelle leggi, di quel «Manifesto per la difesa della razza» che Benito Mussolini pubblicò nel 1938, firmato anche da diversi scienziati  italiani fui sospesa dal servizio di assistente nella clinica di malattie nervose e mentali. L'articolo 5 di quelle leggi consentiva agli studenti già iscritti di terminare il corso, questo mi permise di ottenere il diploma di specializzazione in neuropatologia e psichiatria.

La collaborazione con figure dominanti nella biologia la portarono a grandi risultati?
-   Avevo dei compagni di studio destinati a carriere brillanti come Renato Dulbecco e Salvatore Luria ai quali fu conferito il premio Nobel. Venni così  a contatto con tecniche innovative, come le colture cellulari allestite da Hertha Meyer, fuggita dalla Germania in seguito all’avvento al potere di Hitler, e la colorazione del tessuto nervoso con sali d’argento. La conoscenza di queste tecniche si sarebbe rivelata fondamentale nel  mio percorso nella ricerca.

Ci furono anni di migrazioni e rientri...
- Nel marzo 1939 accolsi l'invito di colleghi a continuare le ricerche a Bruxelles. La minaccia di invasione del Belgio da parte di Hitler mi indusse a rientrare a Torino dove organizzai un laboratorio nella mia camera da letto, presto però dovetti scappare in campagna per sfuggire ai bombardamenti della città. Nel 1943 per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi , con la mia famiglia, fuggimmo a Firenze dove lavorai come medico nell'ospedale militare. Ma quel lavoro non era adatto a me in quanto non riuscivo a trovare il sufficiente distacco dal dolore dei pazienti.

Quindi, dopo la fine della guerra tornò a Torino?
- Ripresi l'attività di ricercatrice presso l'Università di Torino.  Feci ricerche sullo sviluppo e sulla differenziazione dei centri nervosi e su questi argomenti pubblicai numerose Memorie con il professor Giuseppe Levi. Nel 1947 accettai l'invito a recarmi negli Stati Uniti dal professor Victor Hamburger , nel laboratorio della Washington University di St. Louis. Qui rimasi trent'anni occupandomi dello sviluppo del sistema nervoso.
Insieme alla ricercatrice tedesca Herta Mayer dimostrammo biologicamente l’esistenza di un “fattore di accrescimento” delle fibre nervose, il cosiddetto NGF (nerve growth factor), e nel 1954, in collaborazione con il biochimico Stanley Cohen, arrivammo all’isolamento e all’identificazione di tale sostanza: una proteina che viene sintetizzata da quasi tutti i tessuti e in particolare dalle ghiandole esocrine.

Questo importante lavoro portò lei e Stanley Cohen al premio Nobel per la medicina?
- Ricevemmo il Premio Nobel nel 1989 ma vent'anni prima tornai in Italia definitivamente e dedicai gran parte della mia vita come direttrice dell'Istituto di Biologia Cellulare del CNR.




Una domanda particolare, Signora Levi Montalcini, come si può tenere il cervello in attività come lei, fino all'età di cent'anni?
- Credo che il mio cervello, sostanzialmente, sia lo stesso di quand’ero ventenne. Il mio modo di esercitare il pensiero non è cambiato negli anni. E non dipende certo da una mia particolarità, ma da quell’organo magnifico che è il cervello. Se lo coltivi funziona. Se lo lasci andare e lo metti in pensione si indebolisce. La sua plasticità è formidabile. Per questo bisogna continuare a pensare.








Letture consigliate
Rita Levi-Montalcini, La galassia mente, Mondolibri, Milano, 1999
Rita Levi-Montalcini, Elogio dell'imperfezione, Garzanti, Milano, 1988
Rita Levi-Montalcini, NGF : apertura di una nuova frontiera nella neurobiologia, Theoria, Roma,
 1989





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1 commento:

  1. E' stato proprio bello prendere questo tè freddo con Rita Levi Montalcini.
    Anche io ne avevo parlato nel 2017, nella rubrica DONNE NELLA STORIA.

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